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Comunicazione

Per Veneziani, Chioggiotti e gente del litorale ora conta che città e luoghi, prima che del mondo, tornino ad essere davvero parte del Patrimonio della Nazione

Ciò che sta davvero sconcertando i Veneziani e i Chioggiotti che, rimboccatesi le maniche stanno restituendo le proprie città alla dignità mondiale che spetta a loro, è stata la totale inconsapevolezza dei turisti, molti dei quali hanno vissuto questa tragedia urbana come una delle attrattive locali, da fotografare e da raccontare; c’è da chiedersi e provocare: quanti ci starebbero a provare, lasciati i cellulari per i selfie, ad indossare le pesanti ali degli angeli del fango del 1966? 

Venezia, ma qualsiasi località del nostro Paese, per ragioni sismologiche, idrogeologiche o comunque legate alla trasformazione della Terra e della sua atmosfera, vivono una quotidiana fragilità non percepita da chi viene in visita per pochi giorni, per poche ore. Da tempo si sente la mancanza di una politica organica per il turismo nazionale che punti a dare una corretta consapevolezza anche culturale di questa fragile unicità. Ora, se è vero che il nostro Paese vuole davvero valorizzare e soprattutto governare il proprio territorio e renderlo accogliente, per preservarne la bellezza e i valori, deve compiere almeno due passaggi. Uno culturale e sociale, un altro più strettamente politico.

Il cambiamento culturale e sociale è quello di non considerare più il turismo industria “ricettivo-fatturiera”, ma Patrimonio del Paese, articolato nelle eccellenze e nelle specialità territoriali, regionali e locali, nel senso proprio di common heritage of italian people, offerto come componente del più vasto heritage of mankind consacrato dall’UNESCO: un concept ancora poco percepito a cominciare da noi cittadini italiani. Un Patrimonio che si fonda sulle unicità ed esclusività mondiali del suo territorio e della sua civiltà, dalla storica cultura intergenerazionale dei cittadini, degli imprenditori, dei lavoratori. Ma questo concetto di Patrimonio necessita di una visione più alta: qui si collega l’elemento politico strategico.

Interiorizzato come Patrimonio, la sua condivisione col mondo globalizzato deve essere oggetto di azioni concepite come parte di due puntuali politiche. Una politica interna, del territorio, delle infrastrutture, della tutela e della messa in sicurezza non di una località o destinazione, ma della propria civiltà urbana ed economica una politica di difesa, ma nel senso “marziale” del termine: il mancato completamento e l’attivazione del MOSE, per Venezia, per Chioggia, sono l’emblema di quanto ci si senta orfani di questo dover fare. Quindi una Politica estera, politica di promozione dei propri asset: imprenditori, aziende, risorse umane coinvolte e loro competenze, immagine, governance dei mercati. Una Politica estera attiva del mondo dell’accoglienza, nelle sedi internazionali e nelle singole ambasciate che definisca il giusto riguardo che ci devono l’Unione europea, il Mondo, gli operatori economici che muovono i flussi, una politica estera che comunichi che il Patrimonio è Paese, Città, Territorio, Lavoro, Cultura e Valori prima ancora che tutto questo sia “anche turistico”. Una Politica estera non solo per attivare la solidarietà nelle calamità naturali ma per mobilitare ed attirare risorse e stimolare progettualità per garantire sostenibilità e manutenzione di spiagge, coste, montagne, città con caratteristiche uniche. Di fronte ai cambiamenti climatici, all’evoluzione del Pianeta e alle conseguenze sulla quotidianità, anche sugli Italiani, basta con approcci disorganici e privi di missione e visione o peggio limitati alle emergenze: serve una politica di difesa, promozione e valorizzazione del Patrimonio Strategico che costituisce la Nazione, come chiede da sempre la Costituzione della Repubblica Italiana.

Il grido di dolore e ancor più di rabbia di tutti i cittadini dei Comuni di Venezia e di Chioggia e del litorale del Nord Est, che si unisce a quello di tutti gli altri concittadini d’Italia vittime di terremoti e di dissesti del territorio, non finirà per diventare un collerico sfogo alle Nazioni Unite o all’Unione Europea: i veneziani si sono già rialzati e in queste ore hanno già reso Venezia, Chioggia e lo stesso sta accadendo sulle spiagge venete, luoghi della bellezza unica che abbracciano da sempre il mondo; ma è un grido che esige una risposta concreta da chi la deve dare, qui in Italia e condividerla con il mondo, o in futuro non si conteranno più solo danni ma anche dannati a non vivere e a non lavorare più a Venezia e a Chioggia e tra qualche decennio su tutta la costa dell’Alto Adriatico.

 

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