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Comunicazione

Terziario 4.0 ovvero... Economia per la Qualità della Vita

di Francesco Antonich

C’era una volta… il terziario, quello dei servizi pubblici e privati, delle infrastrutture, dalla finanza, dal commercio, dal turismo. Le trasformazioni, accelerate nell’ultimo decennio dall’innovazione tecnologica e dalle nuove dinamiche economiche e sociali della globalizzazione, ne hanno cambiato l’identità. La stessa etichetta di “Terziario 4.0” rischia di essere mediaticamente già passatista. Perché la galassia di attività e di professionalità che sono cambiate e, ancor più, che stanno nascendo e sono in cerca di un nome, di una classificazione, come dimostra persino l’imbarazzo della stessa burocrazia ad assegnare un codice statistico ATECO, conferma un’economia con una nuova vocazione. A cominciare dal suo brodo di cultura per eccellenza, le realtà metropolitane, dove, insieme, soggetti economici già presenti si interfacciano soggetti nuovi, imprevisti. Trasformazione che sta interessando in profondità anche tutto il Nordest e che richiede un’attenzione e un’intelligenza politica economica, amministrativa e normativa senza precedenti. Lo stesso mondo delle associazioni imprenditoriali è coinvolto e vive in prima persona, in un clima sperimentale ma proprio per questo stimolante e di prospettiva, un percorso di rinnovamento della propria capacità di rappresentanza e di risposta alle esigenze nuove ed innovative di questo che non è più un settore ma una nuova dimensione antropologica dell’economia e che sta le associazioni di categoria in connettori sociali tra imprese, società e governance delle istituzioni, perché siano funzionali ed efficaci nel garantire l’evoluzione del territorio. Tutti i comparti sono coinvolti, la ricettività, la cultura, i servizi urbani alla collettività come i negozi e i laboratori artigianali di prossimità, le attività dell’ormai tecnologia della quotidianità. Ed ecco perché troppo corto sarebbe  dire terziario 4.0: siamo già all’Economia della Qualità della Vita, un nuovo settore chiamato a  soddisfare un complesso di bisogni corale delle persone, a partire dalle realtà urbane, metropolitane che periferiche o, semplicemente, di un centro storico, di un capoluogo come di un comune del suo hinterland. L’Economia della Qualità della Vita più che dall’intensità del lavoro è caratterizzata dall’intensità di intelligenza e conoscenza (intelligence & knowledge intensive) e trova le sue materie prime nell’individuo, nella sua identità espressa, nello stesso tempo, familiare, cittadino, imprenditore, politico, soggetto transgenerazionale e ancora nel suo essere nella squadra, nelle reti, ma mai un numero soltanto, un mero insieme di bit e di algoritmi. All’Economia della Qualità della Vita andranno dedicate adeguate politiche che, al livello nazionale, dovranno essere generali ma dovranno poi trovare la loro specificità nelle declinazioni regionali e, ancor più, metropolitane, perché la Qualità della Vita è anzitutto un patrimonio di una comunità urbana e del territorio che circonda la città che viene poi condiviso con le comunità del resto del Paese e del mondo.

L’innovazione tecnologica ed informatica consentono oggi scelte di vita, di residenzialità  e delle connaturate esigenze, in termini di soddisfacimento di bisogni primari e secondari un tempo impensabili o, semplicemente, sacrificabili. Politiche fiscali inadeguate, deficit di efficienza amministrativa, approcci al credito e rating delle idee imprenditoriali anacronistiche determineranno lo sviluppo o l’atrofia di città, e di intere aree e penalizzeranno, precludendo l’evoluzione della Qualità della Vita, un intero Paese. Determinate sarà, nel prossimo quinquennio, che l’Italia e le sue città attuino le attese politiche per lo sviluppo dell’Economia della Qualità della Vita. Una sfida che coinvolge con la Politica, oggi alla vigilia della tornata elettorale parlamentare, le rappresentanze di tutti i settori economici e delle risorse umane, le singole Amministrazioni Comunali e Metropolitane. L’Unione europea e le sue maggiori capitali lo hanno capito e già ci stanno lavorando. Le giovani generazioni, impegnate nelle professioni e nelle imprese che questa nuova frontiera dell’economia offre loro, stanno a buon diritto perseguendo non più il benessere ma piuttosto l’Essere Bene, la Qualità della Vita, con legittime aspettative di realizzarla anche in Italia: dare gli opportuni strumenti normativi e finanziari vuol dire garantire davvero l’inclusione del Paese nell’economia della Qualità della Vita propria dell’era della post globalizzazione, ovvero nel futuro del XXI secolo.

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