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Comunicazione

Decreto liquidità: l’appello delle imprese del terziario

La situazione di emergenza legata al coronavirus ha costretto molte imprese a chiudere. Gli imprenditori del terziario hanno pagato un carissimo prezzo: fatturato zero e costi fissi per locazioni, utenze e dipendenti. 

A fronte di questi enormi sacrifici, le imprese - che già erano messe a dura prova dalla situazione economica preesistente - hanno ricevuto poche risposte a livello locale e solo da alcuni sindaci, mentre sul fronte nazionale le misure, seppur consistenti sulla carta, devono ancora essere avviate.

Tutt’oggi non è ancora certo quando e come si potrà riaprire: quello che è certo è che da quel momento a quando si riuscirà ad avere dei risultati reali trascorreranno mesi o anni. Per le imprese del turismo (ricettivo e ristorazione), del commercio e dei servizi questo significa zero introiti e spese certe.

In questi mesi, e finché durerà per legge la chiusura di intere filiere di attività, le imprese non produrranno reddito ed imponibile, non inquineranno, non genereranno rifiuti, non occuperanno plateatici. Si aspettano, le imprese, che a fronte dell’inattività imposta per legge, con legge venga riconosciuta loro la sussistenza di “non imponibilità”, ritenendo che tutto ciò che non può essere utilizzato, sfruttato, occupato, non possa costituire un bene strumentale. 

Le imprese sono un bene sociale: è giusto dare risorse a cittadini e lavoratori dipendenti, ma senza liquidità per far ripartire davvero le aziende non ci saranno né produzione, né servizi; e non ci sarà lavoro né occupazione, ma solo una partita di giro dei tributi e delle tasse.

Lo Stato con il decreto liquidità non mette a disposizione fondi, ma solo garanzie su prestiti che le imprese devono comunque contrarre e ripagare entro soli sei anni. Questo significa che lo Stato non fornisce vera liquidità, ma garantisce il credito bancario indispensabile solo per assicurarsi nel breve il reintegro delle entrate fiscali, più che per mettere le imprese in condizione di tornare a produrre, servire, ricreare occupazione.

Non dare alle imprese e agli imprenditori la stessa attenzione che si dà a tutti gli altri cittadini, significa non aver capito che non sono i redditi di sussistenza ma è il lavoro che farà ripartire l’Italia. I 600 euro di bonus una tantum ai titolari delle imprese costrette a chiudere sono ancora inferiori del ristoro pur non cospicuo che otterranno i lavoratori: sono un’offesa per chi ha dovuto smettere di lavorare per il bene sociale traendone danni in molti casi incommensurabili.

Va bene la responsabilità di impresa: abbiamo sempre teso alla difesa della salute e alla salvaguardia dei posti di lavoro. Ma per far questo non possiamo prescindere dalla tutela delle imprese e questo è il tempo della verità: i nuovi finanziamenti restano a carico degli imprenditori, che con grandi sacrifici dovranno ripagarli in pochi anni. Non sono ammortizzatori sociali, ma un meccanismo per pagare oneri, tasse e imposte!

Senza un aiuto concreto da parte dello Stato, in termini di contributi anche a fondo perduto, di sgravi fiscali, di sburocratizzazione, di finanziamenti a lungo termine (come minimo un decennio) e di un differimento reale dei pagamenti dovuti di almeno 6/12 mesi, le nostre imprese non saranno in grado di reggere all’urto e di continuare a svolgere il fondamentale ruolo di locomotive del lavoro e dell’economia come fatto finora. Per le imprese stagionali del turismo, che a settembre non raccoglieranno i risultati della stagione – se mai inizierà -, le imposte dovrebbero essere procrastinate di almeno 18 mesi, considerato che dovranno attendere settembre 2021 per vedere i primi effetti della ripresa.

Questo è l’appello accorato che fin dall’inizio di questa emergenza stiamo rivolgendo ad Istituzioni e Amministrazioni, e che oggi rinnoviamo con forza rendendone partecipi colleghi imprenditori, lavoratori dipendenti e cittadini. Perché prevalga la consapevolezza che solo tutelando le imprese si potrà garantire la ripartenza economica del nostro Paese e lo sviluppo dei prossimi anni.

 

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