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Comunicazione

Ucraina, il ritorno del dilemma storico: dopo la guerra, come vincere la pace?

di Francesco Antonich

La conclusione dell’invasione e della distruzione delle infrastrutture e delle capacità produttive, compresa la riduzione della produzione agricola, la destabilizzazione della capacità di governance nell’affrontare le criticità della ricostruzione e della normalizzazione, costituiscono  solo le componenti salienti della “missione militare speciale” della presidenza russa. Questo significa che quando la guerra sarà vinta, chiunque sarà il vincitore, ammesso che tale vocabolo possa avere un senso, comunque si troverà di fronte ad una nuova sfida tutt’altro che semplice: vincere la pace. Non si tratta solo della ricostruzione materiale del Paese Ucraina, ma anzitutto delle relazioni umane, della percezione e delle credenze tra russi ed ucraini. Ma anche della considerazione che l’Ucraina avrà dell’Europa: avrebbe potuto fare di più? E come? Per non parlare della giustizia post bellica: come saranno accertate le responsabilità, di Putin, dello Stato Maggiore russo sul teatro di guerra, chi e come sarà, alla fine, messo di fronte alle proprie responsabilità e punito per i crimini commessi se e quando saranno accertati.

Su questo tema ci sono importanti precedenti come i Tribunali internazionali per crimini e genocidi: ma la Russia li riconoscerà e il riconoscimento sarà fatto pesare nelle trattative? Oppure si cercherà un percorso lungo e difficile come le commissioni per la riconciliazione? Sono domande che confermano che parlare di “soluzione pacifica” oggi è un ossimoro, perché a risolversi pacificamente sono semmai le crisi prima che diventino guerra; oggi dire così è quasi  speculare a dire… “missione militare speciale”. La diplomazia può prevenire l’acuirsi di una crisi, una volontà di dominio, un’invasione, ma quando non c’è riuscita, non può più cancellare la realta di milioni di profughi, di miliardi di beni immobili, infrastrutture, imprese, scuole, università distrutte. Ma può ancora cercare di trovare soluzioni che non siano accomodanti, orientate per quanto realisticamente possibile a ristabilire  gustizia e costituire deterrenti perché si ripetano altre Ucraine, altri 24 febbraio 2022.

Insomma, la diplomazia dovrà almeno dimostrare di volere e di sapere vincere la pace. E ancor più di creare un sistema, un equilibrio che garantisca nuovamente una pace duratura, una Pace Calda, inclusiva per scongiurare un dopoguerra che si limiti a congelare, nel permafrost dell’Europa Orientale, demoni ed aspirazioni in grado di risvegliarsi. La ricostruzione materiale ed immateriale di un paese dopo la guerra e il ripristino della normalità nelle relazioni internazionali è sempre un drammatico, complesso e dialettico processo che deve produrre opportunità di cambiamento e rinascita per tutta la comunità internazionale: non lo si renda, come già accaduto in passato, compresa la sublimazione della Guerra Fredda in conflittualità latenti, un ambiguo antefatto, una fiera degli equivoci per possibili oscuri futuri scenari.

E per questo occorre che la persona, i diritti umani, la politica, prima dell’economia e della finanza ritornino ad essere un fine della diplomazia e della sua “missione”, questa sì “straordinaria di pace”, che sia giusta e per questo duratura.

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