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Comunicazione

Centro studi FIPE Confcommercio: Ristorante Italia chiuso per Covid-19. Serrata per turismo e tempo libero.

"Bar, caffetterie, ristoranti e pizzerie, discoteche, banqueting, stabilimenti balneari, in gran parte aperti da oltre dieci anni, ma anche giovani imprese aperte da pochi mesi: la chiusura delle attività imposta dalle misure per contenere il Covid-19 ha annullato ogni incasso e le imprese si trovano a gestire problemi diversi e simultanei, a partire dal pagamento degli stipendi dei dipendenti, dei contributi e dei fornitori e naturalmente delle locazioni degli immobili”  - Massimo Zanon, Presidente di Confcommercio Unione Metropolitana di Venezia, albergatore, ristoratore, lancia forte l’allarme commentando la fotografia impressionante che il nazionale Centro Studi di FIPE Confcommercio ha appena scattato su un campione di micro imprese della ristorazione, del turismo e del tempo libero.

“Le misure attivate dal Governo con il decreto legge n. 18 dello scorso 17 marzo sono un primo piccolo salvagente” – continua Zanon – “ma con le settimane si delinea sempre più la gravità della situazione e la necessità che al più presto si adottino misure davvero eccezionali ed adeguate, a cominciare dalla liquidità da rendere immediatamente disponibile”. E pone una richiesta urgente e chiara: “Serve un credito garantito dallo Stato che consenta prestiti a lungo termine, da restituire tra i 15 e i 25 anni, a seconda dell’utilizzo proprio per ogni settore, ristorazione, turismo, servizi, oltre a garantire quanto necessario per recuperare il gap tecnologico per tutte le micro e le piccole imprese, non solo per le grandi; ma attenzione: basta aiuti a pioggia. Indispensabile, infine, che lo Stato garantisca, a lungo anche dopo la ripartenza, gli stipendi per i lavoratori.”

Nel frattempo, delle misure già attivate, rileva l’indagine FIPE Confcommercio, le imprese stanno utilizzando soprattutto la cassa integrazione in deroga (il 30,6%), la sospensione dei mutui (25,0%) e la cassa integrazione ordinaria o il fondo di integrazione salariale (FIS, 20,3%).  Per ora solo il 17,1% dei lavoratori autonomi, sta chiedendo i 600 euro per il mese di marzo; più necessaria invece (18,7%) la sospensione del pagamento di tributi. Ma le imprese stanno accedendo anche alle procedure per la sospensione dei contributi previdenziali e delle ritenute fiscali (9,3%).

“La struttura delle nostre imprese, le modalità di gestione è tale che le nostre imprese  sono apparse subito come le più fragili” – spiega ancora Massimo Zanon, che evidenzia: “ Il 60,3% degli imprenditori del nostro settore esercita la propria attività in locali in affitto: il 55,8% denuncia l’impossibilità a pagare e il 23,1% ha già chiesto la sospensione del canone di affitto e la rinegoziazione, a fronte di un 21,2% che conta di poter ancora pagare il canone di locazione”.

A preoccupare però è proprio il futuro, le settimane che di solito caratterizzano l’apertura della stagione primavera estate, e che appare già totalmente compromessa, a cominciare dalla Pasqua, primo maggio e la settimana di Pentecoste.

“Prima di parlare di fase 2 o 3 è bene sapere che queste imprese sono nella fase di “Fatturato zero” – aggiunge ancora il Presidente dell’Unione Metropolitana – “e FIPE rileva che il 96 % delle imprese ritiene assolutamente insufficienti le misure adottate e chiede a gran voce di vedersi concedere la necessaria liquidità per coprire i mancati incassi, accesso al credito con interessi zero o agevolati. Chiedono inoltre la sospensione delle fatture di energia elettrica”.

Il monitoraggio di FIPE continua evidenziando che ad oggi l’85,5% delle imprese, che potrebbero svolgere l'attività limitatamente al solo servizio di consegna a domicilio (principalmente ristoranti, pizzerie, pasticcerie), è completamente chiuso.  Il restante 14,5% sta cercando di reinventarsi il lavoro proprio mediante la consegna di cibo a domicilio (delivery), di questi il 6,3% si sta attivando per la Pasqua. La maggioranza (80%) svolge il servizio di consegna in proprio, avvalendosi dei dipendenti in forza che altrimenti sarebbero "a spasso".

Il settore teme ancor più il prolungarsi della serrata per il contenimento del contagio: almeno il 42,7% degli imprenditori ritiene che si aprirà verosimilmente non prima di due mesi, oltre il 25% teme che i tempi potranno allungarsi a non meno di tre mesi e più. E la ripresa non sarà certo a regime: il 30,7% dichiara che dovrà licenziare parte del personale che lavorava prima dell’epidemia, il 42,1% rimane incerto sul da farsi, e solo il 27,2% sembra intenzionato a ricostituire l’organico aziendale che aveva prima del Covid-19.

Il Presidente Massimo Zanon quindi conclude: “Confcommercio sta chiedendo in tutte le sedi istituzionali, a cominciare dal Parlamento dove si sta discutendo la conversione del decreto legge “Cura Italia” che per salvare le imprese del terziario si devono assolutamente moltiplicare le risorse economiche e finanziarie, decapitare la burocrazia inutile, annullare tasse e contributi, e garantire una linea di finanziamenti garantiti al 100% dallo Stato a da altre istituzioni, Unione europea compresa”.

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