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Comunicazione

Senza tutela del territorio, incentivi vani e successi cancellati per imprese ed economia

di Francesco Antonich

Per affrontare i cambiamenti climatici e le conseguenze su territori, infrastrutture, economie ma, soprattutto, sulle persone occorre oramai una “soccorso internazionale europeo” che concentri, anzi vincoli, congrue risorse – a cominciare da quelle destinati al Next GenerationEu e quindi, per l’Italia, al PNRR – competenze e strutture di protezione civile modulare, per intervenire immediatamente a mitigare, se non proprio a precedere, i rischi idrogeologici dei Paesi maggiormente a rischio. Climatologi e geologi hanno da tempo prodotto mappe estremamente dettagliate, che non seguono né confini amministrativi né di Stato, e naturalmente nemmeno di regione. La Natura, del resto, non è né federalista né nazionalista e neanche glocal. Si possono destinare risorse all’innovazione delle imprese, tutelare il made in Italy, tutelare le eccellenze delle nostre produzioni agricole, enogastronomiche, zootecniche, le bellezze culturali, paesaggistiche, balneari, ma se queste vengono spazzate da un “combinato disposto” disastroso meteorico e geologico semplicemente non avremo nulla da offrire dopo averlo promozionato. La priorità, anche di fronte agli scenari e alle nuove dinamiche parossistiche del clima, che dovremo affrontare, permane la terapia intensiva di salvaguardia del territorio del Paese, di ogni Paese d’Europa. A poco serve sommare i diversi miliardi di euro spesi per rammendare città, campagne, intere province dopo disastri materiali e tragedie umane e proprio non si capisce come si vogliano destinare risorse (ancora!) a progetti come il ponte di Messina prima di risolvere con le necessarie risorse economiche e finanziarie, almeno le situazioni a conclamato elevatissimo rischio idrogeologico: tutto è lecito, certo, ma non tutto è utile, almeno per ora. In queste ore nella sola Romagna servono misure da Protezione Civile e forse anche da Genio Militare, ma come sa chi deve combattere un conflitto lungo e complesso, la strategia operativa non può prescindere dalla chiarezza e dalla condivisione di una volontà politica chiara e determinata su cosa fare e su quai risorse e su quali opere infrastrutturali da realizzare. I cambiamenti climatici e le loro conseguenze non sono certo una guerra dichiarata da una Natura matrigna, che fa semplicemente il suo corso e segue le leggi della fisica; ma sta all’uomo e all’uomo politico scegliere, anche con coraggio e sacrificio di determinate scelte politiche, se come resistere, adeguarsi, riambientarsi, senza scorciatoie, ma con l’obiettivo di preservare le proprie comunità ed economie che le sostengono, cominciando dal territorio della nazione.

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